La Paranoia di autopunizione. Un caso della letteratura Freudiana.

CASO SCHREBER

 

“Noi non abbiamo proprio nulla da rimproverare a Schreber,

né di aver avuto impulsi omosessuali, né di essersi sforzato di rimuoverli.

Sono piuttosto gli psichiatri che hanno molto da imparare da questo malato,

che si sforza, malgrado il suo delirio,

di non confondere il mondo dell’inconscio col mondo reale.”

Freud

Il caso del Presidente Schreber rappresenta uno dei tasselli fondamentali della teoria freudiana. L’attenzione particolare per questo scritto da parte  di Freud  nasce dalla sua analisi anacronistica e indiretta di un caso estrapolato dalla lettura del  testo “Denkwürdigkeiten eines Nervenkranken” scritto nel 1903 da Daniel Paul Schreber.

Freud studia l’opera nel 1909 e l’anno successivo ne pubblica l’analisi.

La particolarità, rispetto agli altri casi della letteratura freudiana, è nella scelta di analizzare un soggetto mai incontrato di persona,  basando le proprie teorie su fonti provenienti esclusivamente da scambi espistolari con altri medici e soprattutto dalla  minuziosa lettura dell’opera dello stesso paziente.

Lo psiconalista sceglie di analizzare e intepretare il caso nonostante l’assenza di un vero e proprio setting psicoanalitico  poichè il paziente, che riconosce come  paranoico,  nel testo ha avuto la possibilità di esprimere, seppur sotto forma distorta, ciò che gli altri nevrotici tengono celato come un segreto. Paradossalmente i paranoici manifestano maggiori resistenze interne per tanto la stesura di una relazione scritta può facilitare l’interpretazione del terapeuta sostituendo il contatto diretto con il paziente.

 

Freud con il caso Schreber :

 

  • conferma la teoria delle pulsioni;

 

  • elabora la teoria sul narcisismo, uno dei nuclei essenziali propri della psicoanalisi e l’Io come oggetto della libido;

 

  • elabora il meccanismo relativo alla costruzione del delirio.

 

 

Daniel Paul Schreber

 

Daniel Paul Schrebrer nasce nel 1842 da una famiglia borghese protestante. Suo padre, medico illustre , introduce in Germania la ginnastica medica ed è il promotore per la vendita di lotti con giardino per gli operai. Questo movimento di ispirazione socialdemocratica è tutt’oggi operativo.

Il fratello maggiore di Daniel Paul afflitto da psicosi si suicida all’età di 38 anni. La sorella minore, Sindonie, muore anch’essa a causa di una malattia mentale.

Daniel Paul è un intellettuale facoltoso, un uomo fuori dal comune per la sua cultura, per la sua spiccata curiosità e per la sua rara capacità di osservazione e di analisi.

A 42 anni dopo aver intrapreso una brillante carriera pubblica, a seguito di una profonda crisi psichica decide  di ricoverarsi presso la clinica del dott. Flechsig. Il medico definisce la malattia come un eccesso di ipocondria causato da un intenso affaticamento mentale.

La crisi dura vari mesi e una volta ristabilitosi Schreber matura un immenso senso di riconoscimento per il professor Flechsig.

Dopo questa prima ospedalizzazione, Schreber, sposato da diverso tempo, vive otto anni insieme a sua moglie, anni che lui stesso riconosce come “molto felici”, pur soffrendo di una triste mancaza, quella di non aver avuto figli.

Nel 1893 la carriera di Daniel Paul subisce una considerevole svolta, viene nominato presidente della Corte d’Appello di Lipsia all’età di 51 anni.

A seguito di questo evento Schreber sogna di ricadere nuovamente vittima della malattia che lo aveva visto ricoverato in clinica, qualche anno prima e per diversi mesi.  In seguito al sogno viene tormentato da attacchi di insonnia accompagnati dalla fantasia di voler essere una donna sottoposta alla copula, un’idea che egli stesso in uno stato di piena coscienza avrebbe respinto con grande indignazione.

Il quadro clinico si delinea nel modo seguente:

Prima ricaduta clinica

In questa fase compaiono alcuni sogni e i seguenti sintomi:

 

  • sogna di avere una ricaduta e di rivivere la malattia precedente;
  • compare una fantasia: “la rappresentazione che dovesse essere davvero bello essere una donna che soggiace alla copula”[1], idea che al risveglio rimuove completamente.

 

      Seconda ricaduta clinica

Rappresenta il suo secondo periodo di malattia, compaiono:

 

  • forte insonnia;
  • ipocondria (crede di essere vittima di un deterioramento cerebrale che lo porterebbe a morte certa);
  • estrema sensibilità alla luce e al rumore;
  • trasformazione in donna (convinzione di essere donna durante il coito);
  • pensiero magico-religioso (Dio mi parla);
  • idee persecutorie unite ad allucinazioni visive e uditive. Si crede morto e putrefatto, vittima di manipolazioni e spaventosi tormenti, in balia dei diavoli;
  • vede apparizioni miracolose, e sente musiche sacre;
  • tentati suicidi: cerca ripetutamente di annegarsi nel bagno ed esige il “cianuro destinatogli”.

 

Schreber si ritiene perseguitato o danneggiato, primo fra tutti dal suo medico curante Flechsig che chiama “assassino di anime“  oppure “piccolo Flechsig“ accentuando la parola piccolo.

L’idea, invece, di essere morto e in parte putrefatto, malato di peste, è arricchita da  elementi misticheggianti, infatti le sofferenze  e le mutilazioni sarebbero state imposte da Dio che comunica direttamente con lui. Vede apparizioni miracolose, ode musiche e giunge a credere di vivere in un altro mondo.

 

 

Parola di Schreber

 

Memorie di un malato di nervi è un testo straordinario. La lucidità con cui l’autore scrive della propria follia apre le porte a chi legge invitandolo a sedere come spettatore di “un teatro dell’Altro“ che mette in scena il delirio.

I temi principali del delirio sono spesso politici, religiosi e sessuali.

Analizzando il racconto che ne fa l’autore  si possono notare due caratteristiche tipiche della paranoia: le idee di pregiudizio e di persecuzione e l’idea di grandezza.

 

 La divina persecuzione

Per essere umani è necessario avere una mente e un corpo. L’anima ha sede nei nervi e  Dio è composto essenzialmente di un’infinita quantità di essi,  per tanto Dio è l’anima. I nervi sono chiamati “raggi” e sono all’origine di tutta la creazione.

L’anima umana è contenuta nei nervi del corpo, sulla natura fisica dei quali io, come profano, non so dire altro se non che essi sono conformazioni di straordinaria finezza paragonabile ai piu sottili fili di refe, e che sulla loro eccitabilità, su impressioni esterne, si fonda tutta quanta la vita spirituale dell’uomo.[2]

Quando, per esempio, Dio vuole creare un uomo, si serve dell’unione di alcuni di questi nervi umani  e dei suoi stessi  nervi divini che fusi tra loro si plasmano dando forma ad un essere umano. Nonostante ciò, la quantità di nervi divini non diminuisce, poiché Dio reintegra  in se stesso  i nervi degli esseri umani che muoiono. Il senso dell’universo risiede in questa circolare dissoluzione e reintegrazione di uomini. Dio vive ritirato, lontano dal mondo terreno e dalle sue leggi, poichè gli è sufficiente attrarre a se l’anima dei defunti per purificarli e dargli nuova vita.

In  casi specifici  Dio interviene nell’ordine umano, attraverso i sogni,  servendosi di  uomini particolarmente dotati (poeti o grandi pensatori). Anche in questo caso avviene  una congiunzione nervosa che consente al divino di innestarsi nel corpo.  Ciononostante questa penetrazione sacra deve avvenire in circostanze particolarmente propizie, ossia quando l’umano si trova in uno stato di grandiosa eccitazione; solo allora  il nervo divino ha modo di  essere attratto e irrimediabilmente compromesso dal fascino dell’umano.

Per Schreber l’incontro con Dio avviene secondo questa logica. Il divino per sottrarsi al fascino dell’eccitazione dei raggi di Schreber  lo massacra fisicamente e mentalmente.

Dio appare come un massacratore che infligge pene, sia per azione diretta, sia servendosi di altri , come nel caso del  dottor Flechsig che lo accompagna nel decorso del suo primo ricovero in clinica.

Tutto quello che circonda Schreber, animali, oggetti e altre entità  contribuisce al godimento del pensiero persecutorio.

Schreber trova però una soluzione a tutta questa violenza minatoria:  il “miracolo”, buono o cattivo che sia.

Durante la seconda crisi è possibile notare come l’uso della soluzione miracolosa, riusce a dare un senso alla costruzione persecutoria, la necessità di trasformasi in donna, per esempio, resta l’unica possibilità per allontanare tutta la sofferenza conflittuale tra il suo desiderio e la rigidità del controllo dell’Altro divino .

Tra i “miracoli” con cui Dio si manifesta, in questa seconda fase della malattia, compaiono le crepe sui muri della sua camera da letto e le voci che parlano per lui. Questi deliri fanno si che venga nuovamente  ricoverato  nella clinica del professor Flechsig, che, in questo secondo incontro, diventa l’Altro cattivo e maligno .

Schreber lo definisce “assassino dell‘anima”, e considera le  intenzioni dell’Altro Flechsig impure a tal punto da non riuscire a guardarlo negli occhi.

 

Dalle parole al pensiero.

Il  fenomeno delle “parole nella sua testa” non ha nulla a che fare con il normale parlare, Schreber sostiene che le parole sono entrate con forza nella propria anima e che lì si sviluppano come se lui stesse recitando una lezione a memoria. La volontà non può fare nulla contro queste parole, ed è costretto a pensare senza tregua. Questa, per lui,  risulta essere la  punizione divina più pesante in assoluto. Le voci lo insultano o annunciano  la fine del mondo a causa del costante allontanamento del sole  dalla terra, che porterà alla glaciazione, un processo già iniziato insieme a  molti altri cataclismi cosmici.

Bisogna ricordare che i nervi divini provengono dai defunti ed è per questo che le voci sono opera di essi contro Schebrer. Essendo stato eletto da Dio come unico a poter accedere alla copula, gli altri uomini creati senza grande cura, saranno costretti a svanire e lui resterà indiscutibilmente l’unico spravvissuto.

 

 

FREUD E IL CASO SCHREBRER

Freud con il caso del presidente Schreber sostiene e amplia la sua  teoria della libido. Presto nel dibattito nosografico prende le distanze sia  da Jung  che da Bleuler per sottolineare una separazione tra il campo della paranoia e la dementia praecox (Kraepelin). Ritenendo  che questo termine non fosse adatto lo sostituisce con quello di “parafrenia”,  per sottolineare la differenza sostanziale con la schizofrenia. “I pazienti affetti da tale condizione morbosa presentano due caratteristiche fondamentali : megalomania e deviazione dei loro interessi dal mondo esterno, dalle persone e dalle cose”[3].

Per Bleuler, creatore del  termine schizofrenia, il  paranoico Schreber soffre di allucinazioni e dissociazioni.  Per Freud, che elabora l’evoluzione della malattia, attraverso la sistematizzazione del delirio, Schreber  é un caso di paranoia per la  prevalenza di proiezioni allucinatorie.

 

Megalomania: la libido e il narcisimo.

 

Nei parafrenici, secondo Freud, sembrerebbe che il soggetto ritiri realmente la sua libido dalle persone e dalle cose del mondo esterno, senza però tentare una sostituzione fantasmatica di esse.

In effetti quando avviene tale operazione di sostituzione (si pensi all’operazione delirante che fa il Presidente quando mette in atto il pensiero sulla “fine del mondo”) tale processo sembra essere di tipo secondario, Freud lo definsce come tentativo di guarigione poichè il soggetto è destinato a riappoggiare invevitabilmente la libido sugli oggetti reali.

“La libido resta ritirata dal mondo ed è indirizzata verso l’IO da luogo a quell’atteggiamento che può definirsi narcisimo.“ [4]

Secondo Freud possiamo considerare due opposte libido :

  • la libido dell’Io ( energia di auto-percezione)
  • La libido oggettuale ( stati di innamoramento)

Generalmente esiste una contrapposizione tra queste due libido, tanto più è utilizzata l’una tanto  piu l’altra si impoverisce.

         La fase di massimo sviluppo cui può mai pervenire la libido oggettuale la possiamo osservare negli stati di innamoramento, allorchè l‘individuo sembra quasi abdicare alla propria personalità a favore di un investimento oggettuale; la condizione opposta la troviamo nella fantasia (o auto-percezione) di “fine del mondo“ del paranoico. Per quanto riguarda la differenziazione delle energie psichiche dobbiamo concludere che, inizialmente, tali energie coesistono durante la condizione di narcisismo e che la nostra analisi non è sufficientemente acuta da poterle discriminare; ed è solo quando si manifesta l’investimento oggettuale che è possibile differenziare una energia sessuale – la libido- da una energia delle pulsioni dell’Io.[5]

 

Freud nel suo articolo “Introduzione al narcisimo“ pone l’accento sulla stasi della libido oggettuale, come se l’oggetto d’amore rimosso e la negazione del desiderio possano entrare in gioco in riferimento  ai fenomeni dell’ipocondria e della parafrenia. La stasi della libido oggettuale per  Freud è avvertita come spiacevole  e la sua  mancata espressione genera tensione, non tanto per la grandezza del  materiale rimosso quanto piuttosto per la funzione relazionale (esterna) che esso dovrebbe svolgere.

Certo che una bella dose di egoismo è una sorte di protezione contro la malattia , ma, in ultima analisi, per non rischiare di ammalarci noi dobbiamo iniziare ad amare, e siamo proprio destinati ad ammalarci se a causa di qualche frustrazione non ci è possibile amare.[6]

Il nostro apparato psichico, secondo Freud, è destinato a dominare le eccitazioni che sarebbero altrimenti avvertite come disturbanti e che potrebbero avere effetti patogeni.

L’elaborazione delle eccitazioni corporee funge da aiuto nell’assorbimento interno di quelle scariche dirette verso l’oggetto esterno ritenuto inopportuno dal soggetto.  Inizialmente risulta indifferente se questo processo di elaborazione interna si compie su oggetti reali o immaginari, la differenza appare soltanto in seguito, qualora il dirigersi della libido su oggetti irreali (introversione) porti alla cosiddeta stasi della libido.

L’elaborazione interna della libido ripiegata sull’Io la possiamo riscontrare nella megalomania dei parafrenici: per esempio il presidente Schreber diventa l’unico umano che riesce a sedurre Dio a tal punto da poterlo influenzare e condizionare:

La rappresentazione di una forza di attrazione che agisce a distanze così immani, e che parte da certi corpi umani oppure – nel mio caso- da un unico corpo umano, considerata in sé e per sé, cioè se si volesse pensare a un agente puramente meccanico sul tipo delle forze naturali a noi note altrimenti, dovrebbe sembrare addirittura assurda. Tuttavia l’azione della forza di attrazione, come fatto, è per me assolutamente indubitabile. Questo fenomeno diventa in qualche misura comprensibile e accessibile alla comprensione umana se si considera che i raggi sono esseri animati e che perciò, nel caso della forza di attrazione non si tratta di una forza agente in modo non solo meccanico, bensì di qualcosa di simile agli impulsi psicologici : “attraente”  è appunto, anche per i raggi, ciò che interessa. La situazione dunque sembra essere analoga a quella cantata da Goethe nel suo Pescatore: “Un po’ fu lei a tirarlo, un po’ fu lui ad affondare.[7]

Solo quando fallisce la megalomania, la stasi della libido nell’Io diventa patogena ed inizia il processo di guarigione, spesso intepretato come malattia.

Freud distingue le affezioni parafreniche e le nevrosi di transfert sostenendo che nelle prime  la libido che è resa libera,  fa si che la frustrazione non resti appoggiata agli oggetti, nella fantasia, ma si ritira sull’Io. La megalomania rappresenta, così, l’equivalente dell’introversione su fantasie quali si riscontrano nelle nevrosi di transfert; Un insuccesso di questa funzione psichica dà origine all’ipocondria della parafrenia, che è l’equivalente dell’angoscia nelle nevrosi di transfert. Sappiamo che questa angoscia si può risolvere con altre elaborazioni psichiche, per esempio con la conversione, con la formazione reattiva, o con la costruzione di meccanismi di protezione (fobie).

“Il processo analogo che si svolge nei parafrenici è un tentativo di remissione, ed è a questo tentativo di guarigione che sono dovute le impressionanti manifestazioni della malattia”[8].

Ricostruzione interpretativa

 

In Schreber, la ricostruzione interpretativa passa necessariamente attraverso una rilettura della figura di  Dio. Freud vede nel divino Schreberiano un modo di sostituire il padre e sottolinea inoltre che un padre come quello di Schreber si presta facilmente a una trasformazione divina. In questo senso è sorprendente che Freud, anche se  ben consapevole delle teorie e della rigidità educativa di suo padre, gli dedichi solo brevi riferimenti e, soprattutto, che lo consideri, apparentemente senza ironia, un uomo eccellente. Nonostante ciò credo sia opportuno riflettere sulle pratiche educative del padre. Perchè il controllo e la violenza sono difficilmente difendibili soprattutto se pensiamo alla pratica che vede l’applicazione di tutori corporali al fine di raddrizzare i corpi e le anime dei fanciulli. Nel momento più intenso della sua malattia, Schreber fa cenno ai “piccoli uomini” che gli stringono la testa e che ricordano senza dubbio gli strumenti ortopedici cui suo padre lo sottometteva.

Continuando a leggere Dio come equivalente della figura paterna , possiamo affermare che  Freud comprova con Schreber il fallimento del complesso edipico e l’assenza della castrazione.

La difficoltà di un confronto diretto con il femminile risulta insostenibile a causa di una mancata inscrizione della castrazione. La rappresentazione femminile, segnata dall’assenza del pene viene respinta totalmente. Secondo Freud, questo rifiuto è il risultato di una configurazione inaccettabile.

Per Schreber, la posizione femminile non può essere  elaborata a livello nevrotico. La passività nei confronti del padre non acquisisce una forma edipica, nemmeno nel caso dell’Edipo invertito. Per lui questa femminilità essendo  radicalmente inammissibile non può essere mediata.

 

L’innesto psicotico

 

Il caso Schreber ha in origine un carattere ipocondriaco, che si attenua solo nel momento in cui la malattia ha una svolta, cioè l’incontro con il dottor Flechsig.

Nel periodo di incubazione, Schreber  sogna ripetutamente che la sua passata malattia nervosa sia tornata. Inoltre nel dormiveglia, sceglie come oggetto d’amore la persona del dottor Flechsig. Schreber  oppone  a questa fantasia un’intensa resistenza, e la lotta difensiva che ne risulta assume la forma del delirio di persecuzione.

Fin dall’infanzia  cerca  una femminilità di fatto, una trasformazione nel reale. Il padre diventa cosmico – il sole – il divino, colui che ha il poter di deriderlo, schernirlo e allo stesso tempo incatenarlo a un amore che può comprendere solo in una logica di sottomissione.

La femminilità diviene conoscibile e inizia ad esistere interiormente come voluttà. Il reale risulta accettabile purchè lui stesso diventi donna, l’unica donna, la vergine casta di Dio.

Per Schreber, questa soluzione delirante diventa l’alternativa che gli consente di accettare le regole imposte dall’esterno. Per trovare una ragione a questo obbligo lo inscrive in una necessità universale e divina appunto l’ordine del mondo.

Infine, questo rimane un modo per supplire alla mancata inscrizione paterna. Dio avrà la sua lingua, la “lingua fondamentale”, che dovrebbe essere in grado di testimoniare un’esperienza non comunicabile in un linguaggio convenzionale. E Schreber si confronta con Dio proprio attraverso questa lingua divina.

Tornando all’incontro con il dottor Flechsig e all’apparente risoluzione della prima fase della malattia, è necessario sottolineare che Scrheber prova a ricostruirsi, e lo fa cercando  un oggetto d’amore reale che gli permetta di  sopravvivre nel mondo esterno. Questo tentativo fallisce, sente che il giudizio dell’altro lo condanna, l’altro dunque diventa il paterno improbo colui che lo raddrizza per sottometterlo e manipolarlo.

A tal proposito la persona desiderata assume il ruolo di persecutore e il contenuto della fantasia di desiderio diventa il contenuto della persecuzione.

Il rapporto tra il malato e il suo persecutore si potrebbe risolvere in una formula assai semplice. La persona alla quale il delirio ascrive si’ grande influenza e potenza, nelle cui mani fan capo tutte le fila del complotto, nel caso in cui venga esplicitamente menzionata, è la stessa persona che prima della malattia aveva una parte altrettanto importante nella vita sentimentale del paziente o un suo sostituto facilmente riconoscibile. L’importanza affettiva è proiettata al di fuori come potenza esterna, mentre l’accento sentimentale si tramuta nel suo contrario: colui che ora è odiato e temuto come persecutore era un tempo oggetto d’amore e di venerazione. La persecuzione istituita dal delirio serve soprattutto a giustificare il mutamento avvenuto nell’atteggiamento sentimentale del paziente.[9]

 

La paranoia: grammatica di un delirio.

 

Per Freud la scelta omosessuale ha origini narcisistiche: il soggetto prende come oggetto d’amore se stesso. Le tendenze omosessuali comportano un rifiuto sociale tanto da creare nei paranoici una difesa contro il desiderio a favore di un ordine narcisistico.

Per spiegare questa difesa, Freud utilizza diverse espressioni verbali in modo da costruire una sorta di grammatica della paranoia.

Questa è la preposizione base dalla quale Freud fa partire le principali forme conosciute di paranoia, seguendo una logica della contraddizione:

 

Io (un uomo) amo lui (un uomo)”[10]

 

 

 

Il lavoro di Freud si concentra sulle seguenti contradizioni:

1) di inversione del verbo:

” Io non lo amo – Io lo odio” che seguendo  una logica proiettiva diventa “mi odia”. Tale trasformazione porta nel soggetto un’idea persecutoria. Non lo amo, cioè un’espressione di rifiuto, lo odio è l’inversione. Lo odio perché mi perseguita pertanto non posso amarlo.

Questa contraddizione che nell’inconscio non potrebbe suonare altrimenti, non può tuttavia divenire cosciente nel paranoico in questa forma. Il meccanismo di formazione del sintomo nella paranoia implica che la percezione interna, il sentimento, siano sostituiti da una percezione proveniente dall’esterno. Cosicché la proposizione “io odio” si trasforma grazie a un meccanismo di proiezione nell’altra: “Egli mi odia (mi perseguita) e ciò mi autorizza ad odiarlo”. In tal modo il sentimento inconscio propulsore si presenta come una conseguenza di una percezione esterna:  “ Io non l’amo – Io l’odio perchè EGLI MI PERSEGUITA.”[11]

2) Nel secondo caso non è il verbo che cambia ma cambia l’oggetto della proposizione: “non è lui che io amo – io amo lei” che per effetto della  proiezione diventa “mi accorgo che lei mi ama” risultato di una fissazione grandiosa eterosessuale.

3) In seguito Freud prova a contraddire il soggetto della preposizione: “io non amo l’uomo, è lei che lo ama”. Delirio di gelosia.

4)  La proposizione è totalmente respinta: ” io non lo amo, mi amo da solo” (amo solo me stesso). Questa negazione del desiderio di amare favorisce l’espressione del delirio di grandezza.

Al di là delle proiezioni, delle inversioni proiettive che Freud analizza rispetto alla frase pronunciata da Schreber “Io lo amo”, per spiegare i motivi psichici che portano al verificarsi della psicosi, del delirio, credo sia utile sottolineare lo sforzo che Freud fa nel mettere in parola la posizione del soggetto. Risulta di grandissima importanza rimanere sulle sofferenza tenendo conto delle parole di chi sta male.

[1] S. Freud, Casi Clinici 6. Il presidente Schreber, Boringhieri 1975, cit, p.15

[2] D. P. Schreber, Memorie di un malato di nervi, Gli Adelphi, Milano 2007, cit, p.27.

[3] S. Freud, Opere, vol. VII, Introduzione al narcisismo (1914), cit, p. 796.

[4] Ivi, p. 797.

[5] Ivi, p. 798.

[6] S. Freud, Opere, vol. VII, Introduzione al narcisismo (1914), cit, p. 804.

[7] D. P. Schreber, Memorie di un malato di nervi, cit, p. 32.

[8] Freud, Opere, vol. VII, Introduzione al narcisismo (1914), cit, p. 805.

[9] S. Freud, Casi Clinici 6. Il presidente Schreber, Boringhieri, Torino 1975, cit, pp. 50-51.

[10] Ivi, p. 78.

[11] S. Freud, Casi Clinici 6. Il presidente Schreber, cit, p. 78.

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

  1. P. Schreber, Memorie di un malato di nervi, Gli Adelphi, Milano 2007.
  2. De Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, Roma 2017.
  3. A. Miller, La natura dei sembianti, in La Psiconalisi – dal n. 11 al n. 18, Astrolabio, Roma.
  4. Lacan, Altri scritti, Enaudi, Torino 2013.
  5. Lacan, Il Seminario, Libro I. Gli scritti tecnici di Freud (1953 –1954), Enaudi, Torino 2014.
  6. Lacan, Il Seminario, Libro III. Le psicosi (1955-1956), Enaudi, Torino 2010.
  7. Lacan, Intervista, in La Psicoanalisi n. 10, pp. 9-24, Astrolabio, Roma.
  8. Lacan, Scritti. Volume II, Enaudi, Torino 2002.
  9. Fred, Introduzione al narcisismo(1914), in Opere, vol. VII, Boringhieri, Torino 1989.
  10. Freud, Nevrosi e psicosi(1923), in Opere, vol. IX, Boringhieri, Torino 1989.
  11. Freud, Casi Clinici 6. Il presidente Schreber, Boringhieri 1975.
  12. Freud, La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi(1924), in Opere, vol. X, Boringhieri, Torino 1989.
  13. Freud, Le neuropsicosi da difesa (1894), in Opere, vol.II, Boringhieri, Torino 1989.
  14. Freud, Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa(1896), In Opere, vol. II, Boringhieri, Torino 1989.